C’era una volta… La Scuola di Caserta.
La rubrica “Cera una volta”, dal sapore di antiche fiabe della prima fanciullezza, mi riporta davvero indietro nel tempo, allorchè giovanissimo Allievo Specialista dell’AMI mi trovai vestito d’azzurro, “ospite” per nove mesi della splendida Reggia di Caserta, per frequentare il Corso di Specializzazione Aeronautica nella specialità di armiere, categoria alla quale ero stato assegnato dopo una severissima selezione fisico-psico-attitudinale effettuata presso la 4^ Z.A.T. di Bari. Era l’anno 1950 ed il 5 novembre, in una brumosa e fredda mattina di quel lontanissimo autunno, varcai intimidito l’ampio ingresso della Scuola Specialisti, ex Regia Accademia Aeronautica, dove spiccava ancora una immensa aquila in cemento ad ali spiegate. Iniziava così la mia lunghissima vita aeronautica, trascorsa nei più prestigiosi reparti di volo, a contatto di tanti aviatori, colleghi, superiori ed amici, quasi tutti veterani di ben tre guerre: Etiopia, conflitto civile di Spagna e seconda guerra mondiale.
Caserta, a noi allievi del 2° Corso, questa la codificazione numerica assegnata ai 1200 giovani arruolati col bando di concorso della primavera di quel 1950, appariva monotona e triste e l’unico appiglio collettivo fatto di esuberante, sana gioventù, era il pensiero e la soddisfazione di appartenere all’Arma Azzurra, per molti di noi un sogno covato sin dall’infanzia. La maestosità della Reggia Vanvitelliana che in quel tempo appariva purtroppo segnata dal selvaggio passaggio degli alleati, un autentico bivacco fatto dagli uomini della 5^ e dell’8^ Armata, i quali avevano lasciato la loro tristissima impronta avendo sparato a piacimento e da sadici a tutte le statue del magnifico parco, deturpandolo, dicevo che la maestosità della Reggia riusciva a darci un senso di orgoglio e tristezza al tempo stesso: orgoglio perché sapevamo di ricalcare le orme di tanti altri giovani allievi, Ufficiali piloti, da li partiti ricolmi di sogni e in tanti immolatisi nei cieli di guerra; tristezza perché pensavamo a quelle loro tante illusioni, infrantesi soprattutto in seguito a quell’inglorioso 8 settembre 1943, che tanti lutti e rovine aveva dato all’intera nazione e alla stessa bella Aeronautica Italiana!
Le aule di studio per ogni categoria di specializzazione erano ampie, ben fornite di materiale didattico, così che ogni giovane Allievo poteva ben presto trovarsi al cospetto di cose aeronautiche vere. Per quel che mi riguarda le sale delle armi e degli armamenti di bordo erano attrezzatissime, con tutti i sistemi utili, utilissimi, per l’indottrinamento e la preparazione teorico-pratica richiesta alla specializzazione degli Armieri dell’A.M.I. Ricordo tantissime cose di quel tempo come le famose torrette Caproni-Lanciani, efficientissime, alcune dotate della classica Breda Av. Modello SAFAT da 7,7 mm o da 12,7 mm, talune anche con le “infauste” Isotta-Fraschini Scotti (dico “infauste” in quanto apprendemmo subito dai veterani come quelle armi fossero state in guerra, soprattutto durante feroci scontri nel cielo, delle autentiche traditrici, frequenti all’inceppamento e spesso alla totale inefficienza!) Non vi è vecchio Armiere della Regia Aeronautica che non possa esprimere un disappunto o, peggio ancora, moccolare qualcosa d’irripetibile al pensiero delle tristissime “Scotti”!
La Scuola Specialisti non conservava però soltanto armi e armamenti di bordo, ma anche efficientissimi motori quali i Fiat A-74 RC 38 da 840 CV, degli Alfa Romeo 126 RC 34 da 750 CV, degli Alfa 128, alcuni Piaggio P.XI RC 40 da 1000 CV e perfino un magnifico turbogetto tedesco, uno Junkers Jumo 004 da 900 Kg di spinta, insieme ad altri propulsori convenzionali di produzione e provenienza alleata. Ma la nota più gaia, per noi un autentico paradiso, era la presenza di aeroplani veri, dico veri, in centine e lamiere, “parcheggiati” in un ampio piazzale di proprietà dell’A.M.I. una specie di “depandance” della Reggia, poco distante dall’ingresso principale della Scuola Specialisti, una località denominata Zona Sirtori, ben recintata e protetta persino da un regolare servizio di guardie armate, noi fra queste. Alla Zona Sirtori si accedeva oltrepassando la strada che da Caserta conduce a Santa Maria Capua Vetere e dopo aver varcato un ampio cancello in ferro, sempre chiuso, ci si trovava al cospetto di un qualcosa che stupiva e immalinconiva al tempo stesso. All’interno si trovavano degli aeroplani bellissimi, ma semi-abbandonati, salvo pochi. Fra questi un argenteo Macchi MC 200, spesso banco di prova pratica per gli Allievi Motoristi che a turno, sotto guida dei loro istruttori, lo mettevano in moto e lo “smanettavano” a dovere, dandoci così il… suono armonioso del suo non esaltante radiale da 840 CV! Accanto al “Saetta” altri gloriosi aeroplani del passato… sentite amici sentite… un Martin A-30 Baltimore, un Lockheed P 38/F5, un SM 79, uno spitfire IX, un Bell P-39 “Airacobra” e dulcis in fundo, un Cant Z 1007 “bis” monoderiva, le cui ali per un certo tempo erano state ammicchiate sotto al muro di cinta dal quale, quando pioveva, venivano giù rivoli, fiumi d’acqua. Gran parte degli aerei erano in perfetto stato, ben conservati sia nella loro tenuta esterna che in quella interna, come il P-39, in possesso ancora del cannone da 37 mm con canna sporgente dal mozzo dell’elica; idem per lo Spitfire, munito delle sue quattro armi di bordo, due cannoncini Hispano Suiza H:S:804 da 20 mm e due Colt Browning M-2 da mezzo pollice. Il “Baltimore” era invece privo di armamento. La sua torretta dorsale, dotata, dotata di armi binate, le solite Colt Browning M-2 da 0,50 (12,7) era stata istallata su un trespolo in sala Armi per essere utilizzata da noi allievi durante le pratiche istruzionali, al fine di addestrarci all’uso della punteria a mezzo di collimatore a riflessione ottica. Altrettanto dicasi per le altre armi fisse e mobili del bombardiere americano, come ben noto operante nel 6°stormo “Baltimore” nell’aviazione del sud. Non ricordo le matricole militari di questi aerei in quanto all’epoca non curavo questo importantissimo settore, ma rilevo alcune sigle e numerazioni dalle immagini fotografiche ancora in mio possesso. Così si evidenzia un “A-50” per il Cant Z, la S-3 per lo Spitfire IX, il numero “76” impresso alla destra della coccarda, per l’Airacobra sulla cui deriva spiccava l’emblema del cavallino rampante del4° Stormo Caccia. Nella famosa Zona Sirtori esistevano inoltre delle baracche un po’ fatiscenti, ma all’interno delle quali c’era ancora dell’inverosimile. Ricordo decine e decine di strumenti di bordo di fabbricazione nazionale e alleata; i famosi e discussi “Jozza U-3” a triplo filamento, all’epoca ancora oggetto di studio teorico per noi Allievi Armieri, insieme a quei due gioielli americani quali lo “Sperry” e il “Norden”; poi ancora eliche ed altri resti di motori a pistoni, collimatori a riflessione ottica fra i quali il nostro apprezzato San Giorgio, bussole di ogni tipo e dimensione, macchine fotografiche di altimetria, travetti porta bombe, governali, spolette ecc, ecc.
A Capodichino invece, stazionavano tre efficientissimi Fiat G 12, due riservati agli Allievi dell’Accademia Aeronautica ed uno alla Scuola Specialisti. Infatti al di sopra della fila dei finestrini di questi gloriosissimi trimotori era impressa la scritta Accademia Aeronautica o Scuola Specialisti A.M.; per quest’ultimo ricordo le scritte impresse sui fianchi della fusoliera, “AA-20”. Erano le “Aule Volanti” per gli Accademisti e per noi Specialisti. Gli aerei potevano trasportare 13 Allievi ed un istruttore, oltre all’equipaggio. Per molti di noi il Fiat G 12 AA-20 rappresentò il fatidico battesimo dell’aria. Per altri “cimeli” aeronautici del passato si è certi della presenza di ben 12 siluri ”Whitehead” efficientissimi, presso il grande Deposito Munizioni di Orte, colà conservati con religiosa cura, all’epoca, da un vecchio armiere che ogni giorno li lubrificava e li lustrava. Li ho visti personalmente nel gennaio 1952, mentre nelle Sale Armi della Scuola Specialisti di Caserta venivano ancora conservati dei simulacri di bombe F.F.F. Insieme alle famose “500/AR” (ordigni da 500 Kg ad “Azione Ritardata” fino a 8 giorni, per mezzo di una grossa spoletta d’ogiva) ed inoltre un siluro, in un perfetto “spaccato” per uso e scopi didattici, e così via. Pur se sono trascorsi tanti anni ci chiediamo oggi, noi appassionati, chi abbia ordinato la distruzione di tanto prezioso materiale in gran parte andato perduto e cannibalizzato, ad eccezione di qualcosa oggi presente a Vigna di Valle.
NICOLA MALIZIA